Com'è fatta la spalla?
La spalla è un'articolazione particolare. A differenza dell'anca, dove una grossa testa femorale si incastra in una cavità ossea, l'articolazione gleno-omerale ottiene la sua stabilità in modo diverso: Essendo formata da una grossa testa omerale e da una piccola e, di più, piatta superficie articolare della scapola, detta glena, FOTO1 essa necessità di un'importante struttura di tessuti molli che garantisce, in qualsiasi posizione si trovi il braccio, che i capi articolari siano sempre perfettamente in contatto e che la testa dell'omero sia centrata sulla glena. Il labrum glenoidale circonferenziale e una capsula articolare, rinforzata da una serie di legamenti e specialmente i muscoli/tendini della cuffia dei rotatori (CDR) guidano l'articolazione e sono fondamentali per un movimento coordinato, privo di attrito. Superficialmente è situato il grosso muscolo deltoide, che dà la forma alla spalla.
 
Radiografia della spalla

1_Clavicola
2_Acromion
3_Spazio sottoacromiale
4_Processo coracoideo
5_Glenoide
6_Testa omerale

7_Trochite
8_Trochine
9_Rima articolare gleno-omerale
10_Scapola
11_Costola
 
La cuffia dei rotatori e la sua rottura
Lesioni o rotture della cuffia dei rotatori (CDR) sono molto comuni e una delle cause più frequenti di una visita ortopedica: i pazienti lamentano un dolore talvolta fortissimo, specialmente di notte, e la difficoltà ad eseguire movimenti come per esempio pettinarsi, portare la forchetta alla bocca, prendere la cintura in macchina o estrarre il portafoglio dal taschino posteriore dei pantaloni, etc. In modo semplificativo possiamo dire che la CDR consiste in un muscolo anteriormente alla capsula articolare (m. sottoscapolare), uno sopra (sovraspinato) e uno (in realtà si trova anche il m. piccolo rotondo) posteriormente (sottospinato) ed essi stanno a stretto contatto con la capsula articolare sottostante.
  Loro nome deriva dalla posizione anatomica sulla scapola, dalla quale originano.
A livello della glena ogni ventre muscolare diventa tendine, il quale aderisce alla capsula articolare, la supera, per poi inserirsi nella propria zona definita "footprint" sulla testa dell'omero.
La parte tendinea spesso è sottile (specialmente in persone con scarsa attività fisica) ed è esposta a grande sollecitazioni, usura ed invecchiamento. Un ruolo importante nella patogenesi delle lesioni della CDR hanno il fumo e disturbi metabolici come il diabete, le disfunzioni della tiroide e le dislipidemie, che alterano la qualità del tessuto e che rendono il tendine ancora più fragile.
Inoltre, la vascolarizzazione tessutale locale non è sempre ottimale e favorisce il deterioramento biologico della CDR. Traumi, talvolta anche banali, carichi eccessivi e microtraumi ripetuti possono sopraggiungere e velocizzare il percorso degenerativo (tendinosi) fino alla comparsa di fissurazioni e lesioni parziali e, salvo rari casi di guarigione spontanea, alla rottura completa.
 
 
 

I primi sintomi appaiono solitamente quando questo processo è già ben avviato e quando la coordinazione del movimento, causa insufficienza muscolare, non è più garantita.
I tre versanti muscolari della CDR perdono quindi la loro azione sintonizzata e l'articolazione si infiamma. Lo stadio finale della rottura completa è caratterizzato dall'assenza totale del tendine per retrazione dello stesso con la scopertura della testa omerale sottostante. Questo processo può interessare non solo un singolo tendine, ma anche la cuffia intera (rottura massiva).
La diagnosi avviene clinicamente, con l'esecuzione, da parte dello specialista, di test funzionali manuali. La valutazione strumentale con ecografia o RMN e un'eventuale infiltrazione diagnostica sono fondamentali per la tipizzazione della lesione, per quanto riguarda la sua localizzazione, l'entità e la sua estensione.
Essendo la spalla così tanto guidata da un'importante struttura di tessuti molli, essa è il regno della fisioterapia. Infatti, la grande maggioranza di sintomatologie dolorose gleno-omerali trova il suo trattamento benefico nella corretta rieducazione motoria, in qualche infiltrazione steroidea o di acido ialuronico e in terapie fisiche come la Tecar-terapia e le onde d'urto.
In caso il trattamento incruento, dopo almeno 2-3 mesi, non portasse ad alcun beneficio clinico, può essere posta l'indicazione all'intervento chirurgico:
Oggigiorno la sutura artroscopica moderna, eseguita con acquisizione d'immagine attraverso alcune piccole incisioni da 1cm, è superiore alla sutura a cielo aperto e prevede la chiusura di discontinuità tendinee o la loro refissione alla testa omerale con mezzi di sintesi metallici o riassorbibili

 
 
 

Non bisogna però dimenticarsi, che tale atto chirurgico interessa un tessuto alterato e forse sofferente già da tanto tempo e che è fondamentale dare al tendine il tempo biologico di guarire.
Sia anche ricordato, che non tutte le lesioni possono essere interamente suturate, per qualità tendinea o grado di retrazione del moncone - in questi casi cerchiamo però di stabilizzare e centrare la testa omerale con una sutura selettiva.
In base alla gravità e alle condizioni rilevate durante l'intervento, sarà richiesto al paziente di mantenere un rigido riposo articolare in un tutore dedicato per almeno 3-4 settimane, che deve essere seguito da una rieducazione fisioterapica precisa, senza la quale anche il miglior intervento può fallire.

 
 

La Tendinite Calcifica
Questa patologia è caratterizzata da deposito di cristalli di calcio (ovvero idrossiapatite) nel contesto dei tendini della cuffia dei rotatori (CDR).
Tuttora non conosciamo la sua vera causa, ma le teorie più plausibili risultano essere un tentativo fallito di auto-guarigione di una lesione degenerativa della CDR o una trasformazione (metaplasia) delle cellule tendinee in cellule produttrici di calcio. Disturbi metabolici possono nuovamente essere dei fattori favorevoli per l'incidenza di questa patologia infiammatoria, mentre sembra esserci alcun nesso con il lavoro o uso pesante della spalla. Maggiormente interessati sono pazienti di sesso femminile di età media.
Non vi è alcun dubbio invece sul fatto che questa malattia possa, prima o poi, guarire spontaneamente.
L'evoluzione naturale del deposito calcifico è rappresentata da alcuni fasi (f. precalcifica, f. formativa, f. stabile, f. di riassorbimento) con sintomatologie diverse. La presenza di calcificazioni nella spalla presenta spesso un reperto occasionale in seguito all'esecuzione di una radiografia per altre cause – e i pazienti non si ricordano di aver mai sofferto di dolore alla spalla. Infatti, le primi fasi evolutive sono piuttosto asintomatiche, mentre il quadro clinico intenso subentra solitamente nella fase di riassorbimento con dolore vivo, specialmente mattutino, e una grave limitazione del movimento dell'arto, che può persino evolvere in una capsulite adesiva (frozen shoulder).
L'esame strumentale più appropriato è la radiografia della spalla in più proiezioni, con le quali ci è possibile attribuire la calcificazione ad un tendine della CDR (solitamente sovraspinato o sottospinato) e definire la sua fase evolutiva (denso e omogeneo per fase stabile; nebuloso a margini sfumati in fase di riassorbimento). In rari casi occorre approfondire con ecografia o RMN per una valutazione di discontinuità nel contesto tendineo.

 
 
 

Il trattamento è generalmente conservativo e prevede la riduzione dell'infiammazione (antidolorifici, infiltrazioni, onde d'urto) per poter iniziare la prevenzione o il recupero della rigidità articolare mediante fisioterapista. Solo eccezionalmente e di fronte ad una tendinite calcifica ribelle alle cure conservative vi può essere l'indicazione al trattamento chirurgico: L'artroscopia non solo ci permette di rimuovere i depositi di calcio

 
 
 

ma spesso ci da l'opportunità di eseguire due ulteriori atti chirurgici in contemporaneo: la rimozione del tessuto infiammatorio aderenziale nello spazio sottoacromiale con acromionplastica ed un'eventuale sutura tendinea in caso di perdita di sostanza che una grossa calcificazione può lasciare nel contesto tendineo.

 
 
 

Entrambi questi passaggi non sono eseguibili simultaneamente e tecnicamente durante lo svuotamento ambulatoriale sotto guida ecografica o nel dry needling e per questa ragione, a mio avviso, sono inferiori al trattamento artroscopico.

 
 

Instabilità / Lussazione della Spalla
Nell'instabilità, la spalla cede a movimenti tangenziali, che possono inficiare la centratura della testa omerale sulla glena, fino alla perdita temporanea (sublussazione) o definitiva (lussazione) del contatto tra i capi articolari. Le cause possono essere una debolezza genetica dell'apparato capsulo-legamentoso (instabilità abituale) o un trauma più o meno importante, durante il quale si può verificare una lesione del labro glenoidale, della capsula, dei legamenti o addirittura una frattura della glena (frattura di Bankart) o della testa omerale (Hill-Sachs). In assenza di un adeguato trattamento, l'instabilità può diventare cronica.
Di conseguenza diminuisce la resistenza contro l'allontanamento della testa omerale quando la spalla viene sollecitata con lavori pesanti o attività specialmente "overhead" (sopra il livello della testa).
Quindi i pazienti lamentano dolore ingravescente e la sensazione di debolezza e inaffidabilità della spalla. Tanti saprebbero lussare la spalla con un determinato movimento, il quale viene quindi strettamente evitato.
Mentre la vera lussazione è da trattare come urgenza medica in ospedale (radiografia e riduzione della lussazione, talvolta in anestesia), pazienti con instabilità ricevono cure ambulatoriali.
Durante la visita medica l'esaminatore valuta manualmente il grado e il tipo di instabilità, provocando dolcemente la fuoriuscita della spalla in qualsiasi direzione, e la brusca reazione di difesa (apprehension, "paura") del paziente che si contrae conferma il sospetto clinico. (lussazione recidivante – spesso riposizionato dal paziente stesso), maggiormente in avanti, con una conseguente deformità del profilo anatomico e assenza del movimento per dolore.
Una radiografia è solitamente sufficiente per diagnosticare la lussazione e per confermare la sua avvenuta riduzione dopo la manovra medica. Esami come RMN o TAC sono molto utili nella ricerca di fratture o lesioni dei tessuti molli e vengono, nell'ambito delle instabilità, eseguiti preferibilmente con liquido di contrasto (Artro-RMN o Artro-TAC).

 
 
 

Se la sintomatologia persiste nonostante accurata rieducazione motoria con alcuni mesi di trattamento riabilitativo, si ricorre alle cure chirurgiche. Durante la capsuloplastica artroscopica si esegue un ritensionamento della zona indebolita, inserendo nuovamente il labro e la capsula articolare patologica mediante uso di ancorette riassorbibili o metalliche sulla glena ossea.

 
 
 

In casi di maggiore gravità, con perdita ossea glenoidea o specialmente nelle recidive si esegue un autotrapianto osseo (Patte-Latarjet), a cielo aperto, che agisce da barriera osteo-legamentosa contro il movimento di lussazione.

 
 

Capsulite adesiva - frozen shoulder
La capsulite adesiva è una malattia infiammatoria molto invalidante e caratterizzata da dolore e una grave limitazione del movimento. La capsula articolare si inspessisce e restringe progressivamente attorno alla testa omerale FOTO 8, sviluppa aderenze e "congela" il movimento ("frozen shoulder" – spalla congelata).
Maggiormente per cause non conosciute, questa patologia dolorosa può insorgere anche in quadri di patologie dismetaboliche, come complicazione di interventi chirurgici, esiti di altre malattie infiammatorie della spalla e in seguito all'assunzione di alcuni farmaci (barbiturici). La capsulite può persistere vari mesi, è un evento fortunatamente raro e colpisce maggiormente donne di mezza età, a prevalenza dell'arto non dominante.
La malattia presenta solitamente un decorso lento-progressivo e nella fase iniziale è caratterizzata dal dolore ingravescente, anche notturno o a riposo. Nella fase intermedia di "congelamento" la riduzione del movimento prende il sopravvento sul dolore e movimenti semplici come portare il bicchiere alla bocca, pettinarsi o appendere una giacca diventano un'impresa non immaginabile (specialmente limitato è la extrarotazione).
Nella fase finale la spalla comincia a sbloccarsi in totale assenza di dolore e i pazienti tornano lentamente alle attività abituali.
La diagnosi è esclusivamente clinica; esami come la RMN o radiografie servono solo per escludere patologie associate come lesioni della CDR, calcificazioni o artrosi. La prescrizione di forti analgesici e antiinfiammatori e l'esecuzione di infiltrazioni steroidee con anestetici locali sono fondamentali e rendono possibile l'indispensabile trattamento fisioterapico che deve ripristinare il movimento articolare passivo e successivamente attivo (stretching, rinforzo mirato).
Pazienti senza miglioramento, nonostante grande pazienza e perseveranza nelle cure riabilitative, possono anche andare incontro alla rara soluzione chirurgica: durante l'artrolisi artroscopica le aderenza vengono asportate e la capsula incisa, dando ai capi articolari nuovamente la possibilità di muoversi.

 
 
 

Artrosi di spalla - Omartrosi
Nonostante la spalla non sia un'articolazione carico-portante come anca e ginocchio, essa è comunque esposta all'usura e degenerazione. La spalla è anche particolarmente condizionata dall'integrità della cuffia dei rotatori e una sua rottura massiva, alla lunga, può favorire il deterioramento in senso di un'artropatia. Altre cause di artrosi sono esiti di fratture o lussazioni, necrosi e patologie reumatiche. I primi sintomi sono il dolore durante movimenti anche banali e una graduale limitazione funzionale del braccio. Si fatica a pettinarsi, a prendere un libro dalla libreria, a vestirsi etc e con il peggiorarsi della funzione del braccio diminuisce anche la forza, cosa che rende ancora più difficile il movimento. Si entra pertanto in un circolo vizioso il quale è l'oggetto primario della terapia del medico. L'esame clinico durante la visita specialistica viene sufficientemente arricchita da una radiografia e solitamente non necessita ulteriori esami come RMN o TAC. La degenerazione cartilaginea crea attrito tra i due capi articolari, con scrosci talvolta ben udibili, l'infiammazione stimola la produzione di liquido sinoviale e i mediatori infiammatori irrigidiscono la capsula articolare. La terapia iniziale dell'artrosi di spalla prevede quindi l'assunzione di farmaci antiinfiammatori, sia per bocca sia locali, le infiltrazioni con cortisone e/o acido ialuronico, le terapie fisiche locali come la Tecar, ultrasuoni, Laser, etc e la rieducazione fisioterapica.Quando l'articolazione è troppo compromessa

 
 
 

e il dolore ormai è incontrollabile con tale trattamento, vi può essere l’indicazione alla chirurgica sostitutiva con protesi articolari: in base alla diagnosi e alla gravità del caso il chirurgo può scegliere tra un’impianto anatomico parziale

 
 
 

, un impianto totale con rivestimento di entrambi le faccette articolari o una protesi inversa FOTO10 (specialmente indicata quando la cuffia dei rotatori è irreversibilmente rotta). Lo scopo del trattamento protesico è principalmente il controllo del dolore e una ripresa funzionale, che varia in base alla patologia e all’impianto scelto.  

 
 
 

Come in tutte le altre patologie della spalla, la rieducazione motoria è fondamentale. Il paziente inizia il movimento passivo fin da subito, nonostante porti un tutore particolare. Sono concessi inoltre movimenti pendolari (Codman) e semplici esercizi nel campo visivo. Dopo i primi 15-20 giorno dall'intervento sono previsti esercizi attivi per il recupero della forza.